Recensione
È uscita in questi giorni la seconda edizione (rivista con integrazioni) dell’opera della Professoressa Anna Maria Casavola sulla deportazione dei Carabinieri nel 1943. Questo lavoro, dal titolo “Carabinieri tra Resistenza e deportazioni, 7 ottobre 1943-4 agosto 1944”, merita una particolare segnalazione per il suo contributo di chiarezza.
Per un non breve periodo, infatti, la vicenda dei Carabinieri internati nei campi di concentramento nazisti è rimasta celata dietro un oblio volutamente mantenuto da chi preferiva non ricordare tale evento.

Se la tragica deportazione dei militari dell’Arma è stata resa di pubblico dominio, con accurata documentazione, il merito è della Professoressa Casavola la quale ha saputo affrontare molteplici salite.
Grazie a questa donna, pacata nei gesti e nello scrivere ma di animo forte e di notevole intelligenza, è stato possibile ricostruire un iter storico che offre dei dati di particolare importanza qui di seguito si indicano.
1. La deportazione del 7 ottobre 1943 attesta che il Comando tedesco riteneva inaffidabili i soldati dell’Arma. Era noto, infatti, che questi avevano aiutato i napoletani a scacciare la Wehrmacht dal capoluogo campano (27-30 settembre 1943). Ma si sapeva, inoltre, che diversi Carabinieri si erano uniti al movimento partigiano e che proteggevano i perseguitati del tempo (specie Ebrei).
2. Deportare i Carabinieri, per i tedeschi, era indispensabile perché altrimenti era impossibile deportare gli ebrei romani. Il fatto è provato da una constatazione: allontanati i militari fu possibile attuare la razzia degli ebrei romani il 16 ottobre del 1943.
3. Aggiungasi inoltre che già prima del rastrellamento tedesco degli ebrei romani, diversi Carabinieri, e anche vari poliziotti, avvisarono famiglie ebree di fuggire salvando loro la vita (un fatto, questo, quasi mai ricordato).
4. I Carabinieri deportati parteciparono a una Resistenza morale, pagando di persona. Nella stragrande maggioranza dei casi si rifiutarono di accettare le proposte dei tedeschi: la libertà dall’internamento in cambio di una partecipazione alle operazioni militare dei repubblichini e dei nazisti. Molti morirono nei campi d’internamento.
5. Tutti coloro che rifiutarono la collaborazione con i tedeschi (in nome del giuramento fatto al Re) furono trattati in modo disumano, con azioni che si scostarono da quanto previsto dalla Convenzione di Ginevra. I loro custodi li considerarono traditori e li trattarono di conseguenza secondo la prassi riservata a quest’ultimi.
In tale contesto, esiste anche un secondo grande merito della Professoressa Casavola: quello di aver evidenziato una reattività dei Carabinieri pur in luoghi degradanti e fortemente pericolosi per la salute. Non ci fu solo una forte solidarietà tra militari, emerse anche la volontà di mantenere precisi aspetti spirituali. Ricerca di un senso da dare a vicende contingenti, e riflessione su Dio Padre presente tra i suoi figli, costituirono dei fatti su cui successivi resoconti non mostrarono attenzione.
La volontà di resistere, infatti, non poteva essere legata solo a dei fisici capaci di non crollare. Era necessario avere anche una forza interiore. Questa ci fu. E fu legata a una fede nuda, priva cioè di elementi gratificanti. L’ora della croce fece comprendere che ogni scelta coraggiosa e generosa, aveva un valore. Non si perdeva nel migrare del tempo. Per questo motivo la ricerca dell’essenziale condusse a meglio comprendere il valore della vita e il suo finalismo.
Dobbiamo quindi ringraziare la Professoressa Casavola del Suo prezioso contributo. D’altra parte, la Sua tenacia nella ricerca e nel rendere noti a tutti dei dati accantonati, è anche legata a un fatto nobile: il padre dell’Autrice, Giuseppe, era maresciallo maggiore dei Carabinieri.
(Prof. Dr Pier Luigi Guiducci)
pubblicazione sul Blog “San Paolino’s Voice” a cura di Carlo Mafera