A ricordo di una storica mostra sull’evangelizzatore della Cina
Matteo Ricci: celebrazioni in Vaticano a 400 anni dalla morte
A Roma ci fu un’interessantissima mostra sulla figura missionaria di Matteo Ricci, evangelizzatore della Cina. Chi è stato pellegrino a Roma durante le vacanze natalizie del 2010 potè usufruire, nel braccio di Carlo Magno in piazza San Pietro, di un percorso espositivo armoniosamente composto che mise in evidenza la delicatissima opera di penetrazione missionaria del gesuita maceratese. Giovanni Paolo II ebbe a dire, a suo tempo, che egli fu il precursore del Concilio Vaticano II indicando già dal XVI secolo lo stile cristiano del missionario. Uno stile appunto improntato al rispetto della cultura del luogo, al dialogo, al confronto. Tutti elementi questi che confluirono nel famoso concetto di “inculturazione” sancito poi dal recente Concilio. La mostra di piazza San Pietro è divisa su due piani : la prima a sfondo azzurro descrive Roma e l’Europa nel XVI e nel XVII secolo. Vi sono messi in bella evidenza i dipinti dei Papi che hanno svolto il loro pontificato durante la vita di Matteo Ricci e hanno sostenuto la sua missione. Ma spicca invece una grande tela raffigurante Sant’Ignazio di Loyola, dipinto da Rubens che vuole significare, a mio avviso, la centralità del fondatore dei Gesuiti per quanto attiene all’impulso missionario che egli seppe dare alla Chiesa Cattolica. Il direttore dei Musei Vaticani, Antonio Paolucci, ha centrato lo stile evangelizzatore di Matteo Ricci dichiarando “Assieme alla buona novella cristiana Li Madou (nome cinese di padre Ricci) portò in Cina la geometria di Euclide, l’astronomia, la meccanica, la cartografia …. Portò dunque la cultura dell’Occidente, significata nella mostra da astrolabi, planetari, mappe geografiche della città e dell’impero. Portò anche, naturalmente, la dottrina cristiana. Ma lo fece usando come apripista la scienza e la tecnica, patrimonio condiviso per l’Occidente come per l’Oriente, e muovendosi in ogni caso con mano leggera, con straordinaria capacità mimetica, con rispetto assoluto e squisito per la cultura e per le tradizioni del paese che aveva deciso di fare suo.” E ha concluso così Paolucci, parafrasando S.Paolo quando l’apostolo delle genti scrisse “Mi sono fatto tutto a tutti”(1 Cor, 9,22) “Si fece cinese fra i cinesi, assunse anche negli abiti l’iconografia del funzionario imperiale, fu cerimonioso e obliquo, iperbolico e burocratico, poetico e pragmatico come costume ed etichetta richiedevano. E ha precisato ancora “Se non si fosse comportato in questo modo non avrebbe avuto gli onori che la Cina moderna gli riconosce e che permette a noi di collocarlo, davvero, ai crinali della storia.” In un periodo come il nostro dove i problemi dell’integrazione sono all’ordine del giorno, padre Matteo Ricci rappresenta un esempio, un campione del dialogo, una stella cometa da seguire. La stella della comprensione e dell’accettazione dell’altro, del mettere il proprio centro non solo in se stessi ma anche in quello dell’altrui punto di vista, dell’altrui cultura con gli usi e costumi connessi, senza averne paura. Matteo Ricci riuscì ben 500 anni fa a stabilire un dialogo molto profondo con i letterati e gli uomini di cultura più illustri della Cina, facendo in modo che questi scambi diventassero libri filosofici propedeutici alla successiva semina del Vangelo. Due sono le principali opere di padre Ricci “Il Vero significato del Signore del Cielo” pubblicato a Pechino nel 1603 e poi i “Dieci Paradossi” del 1607 dove Ricci spiega i grandi temi della vita. Significativo un passaggio dell’ultima didascalia della mostra nella parte in cui il grande Matteo Ricci dice ad un neo battezzato di non rinunciare a nulla dei suoi usi e costumi e a nulla della sua cultura ma di continuare a praticarla. Ciò a testimonianza della sostanziale vicinanza culturale e religiosa dell’oriente nei confronti dell’occidente. I due mondi potrebbero essere paragonati agli occhi dell’uomo e guardare la realtà con entrambi ci permette di avere uno sguardo obiettivo e stereoscopicamente più completo rispetto alla visione fatta con un occhio solo che ci offre una realtà del tutto appiattita. Penso che Cristo è venuto ad aggiungere qualcosa, con la Sua grazia, alla nostra natura umana e non a toglierle niente. Così anche tutte le esperienze culturali e religiose umane , anche quella orientale, aiutano a comprendere e ad amare Cristo.