AMARCORD … AL TEATRO ARCOBALENO DUE ANNI FA …LE AFFINITA’ ELETTIVE di W. Goethe

 “Ci sono cose che il destino si propone ostinatamente. Invano gli attraversano la strada la ragione e la virtù, il dovere e tutto ciò che c’è di più sacro; qualcosa deve accadere, che per lui è giusto, che a noi non sembra giusto; e possiamo comportarci come vogliamo, alla fine è lui che vince.”

Dalle note di regia si legge: “Dal capolavoro di Goethe, una rigorosa partita a quattro, giocata sulle corde del cuore e dell’anima. Al centro, l’uomo, con le sue azioni, cerca di determinare le proprie scelte. Ma accanto alla ragione, esiste un’affinità chimica dei corpi, degli sguardi, delle menti. E quando il destino mette in contatto persone affini, allora si annulla qualsiasi razionalità. Cosa accadrebbe se per quell’attimo sentito rinunciassimo a tutto ciò che abbiamo già costruito? Tra razionalità e destino, dov’è lo spazio della felicità?

“Affinità elettive” deriva da una caratteristica di alcuni composti chimici che pur se legati con un altro composto chimico in presenza di un terzo composto chimico tendono ad abbandonare il primo legame per formarne uno nuovo con il nuovo composto. Questo succede perché il composto di partenza ha un’affinità maggiore con la nuova specie chimica rispetto all’affinità che aveva con l’altro componente chimico. Nell’incipit del famoso dramma letterario di Goethe, Edoard legge proprio un passaggio da un libro di chimica come per introdurre lo psicodramma stesso. Sembrerebbe che Goethe volesse sostenere una tesi di laurea in psicologia.

Le pedine di questo scacchiere sono Eduard e Charlotte, coniugi non più giovani. Essi vivono la loro vita coniugale, che è etica per definizione (come ci diranno Kierkegaard e Tolstoj), in assoluto e splendido isolamento nel loro castello, dediti alla cura del giardino, immersi nella lettura e nel godimento dell’arte musicale. Goethe aggiunge a queste pedine altre due perché vuole rimettere in discussione questa felicità sollecitandola a delle tentazioni immettendo nel racconto l’invito al castello prima del “Capitano” , un amico di gioventù di Eduard, e successivamente della nipote di costui, Ottilia. Il quadrilatero è così formato: la coppia si disgrega dalla sopraggiunta diade; i poli coniugali si rompono: Eduard è attratto da Ottilia, il Capitano si innamora di Charlotte che reciprocamente ricambia.

Il “terzo” oltre a far sentire il suo “potere” per via di una composizione più ideale nell’abbinamento, rafforza l’ attrazione nel confronto con il partner che ti dona meno. Confronto che viene ancor più alla luce per la nuova situazione che si è venuta a creare.

Il mistero dell’attrazione viene messo in scena secondo il meccanismo degli incastri psicologici. Edoard e Ottilia sono attratti secondo la famosa e futura distinzione che lo psicologo Eric Berne fece negli anni ’50. Genitore –adulto – bambino. La coppia sopracitata sviluppa l’incastro “Bambino-Genitore” mentre “il Capitano” con Charlotte sviluppano l’incastro “Adulto-Adulto”. Infatti Charlotte e il Capitano sono due realisti. Agiscono con metodo e ragione, ma in ogni caso male. Il Capitano è un uomo che ha la consapevolezza di poter fare di più, ma si adatta alla realtà cercando di viverla al meglio. Su tutti i personaggi, però, domina lo sguardo ipersensibile e rarefatto di Ottilia: in più punti il mondo sembra un mondo intravisto attraverso lo sguardo di costei, “creatura di verità”.

In questa rigorosa “partita a quattro”, giocato in spazi ristrettissimi e ravvicinati – i protagonisti ridotti quasi a creature da laboratorio – Goethe dispiega tutta la sua sensibilità “romantica” ma è nello stesso tempo preoccupato di garantire la coesione sociale, in un epoca così antitrasgressiva e a dare un “destino” all’individuo che, altrimenti, abbandonato all’ebbrezza del sentimento, non potrebbe che perdersi, naufragare.

Chissà perché la nostra civiltà occidentale ha questa mania di voler dare sempre un senso e una direzione ad ogni cosa, anziché provare a sentirla e viverla, senza temere sacrifici e sofferenze. Goethe si muove tra queste due opposte esigenze mai risolte.

Goethe è stato sempre ritenuto un difensore del matrimonio, ma da altri piuttosto come un suo pericoloso disgregatore. Goethe, con quest’opera sembra sia stato il precursore della moderna psicanalisi e, come in altre sue composizioni, egli lascia adito a ogni soluzione, ad ogni possibile esito, che in questo caso è avvolto nella triste elegia sentimentale dell’ “amare e soffrire”.

CARLO MAFERA

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